Scie Chimiche…
Tiro giù la zip della muta, tolgo le maniche e la posiziono in modo che io possa correre bene e che restino solo le gambe per sfilarla completamente, una volta in zona di transizione. Nel frattempo recupero il gel che avevo nell’avambraccio destro sotto la muta e lo uso prima di entrare in T1. Una volta dentro la zona cambio, recupero con sicurezza la sacca “Bike”, dentro ci sono il casco, il numero di gara e le calze. Entro nella tenda per il cambio, non ci si può cambiare in giro, tolgo la muta con decisione, indosso prima le calze e poi casco e numero in maniera tale che possa vedersi sulla schiena. Metto la muta dentro la sacca e la consegno allo staff. Corro a prendere la mia Kalibur che mi attende per i 180.2 km della seconda frazione.
Fuori dalla zona di transizione, comincio a pedalare serenamente e seguendo le indicazioni che mi portano fuori Cervia e mi faranno passare in mezzo alle saline. Il percorso è bellissimo, si articola su due giri da 90 km, con un giro di boa circa al 45°km dove c’è uno strappo di circa 350m in salita che dovrò ripetere due volte, da lì poi discesa e via per il secondo giro. Sul tratto di ritorno verso Cervia un fastidioso vento contrario rallenta la mia andatura, però ad onor del vero su 180 km di percorso non trovare vento sarebbe pretenzioso.
La frazione di bici è quella più lunga e quindi è fondamentale idratarsi e alimentarsi bene, in modo da poter affrontare carichi delle energie necessarie la frazione di corsa. Con cadenza maniacale bevo un sorso d’acqua ogni 15 minuti, alternandolo ai sali. Ogni ora ho un piccolo panino integrale dolce, con del tacchino e della marmellata, (io mi sarei portato anche la pasta al forno, ma non ci stava in bici). Ho previsto di chiudere la frazione di bici in circa 6 ore, quindi ho 6 panini che ho posizionato con lo scotch, sulla bici e sull’apposito contenitore. Ogni 30 minuti dal panino, a seconda delle sensazioni, ho un gel a disposizione.
Pedalo molto bene, sono contento del ritmo che ho e non faccio troppa fatica, comincio a scalare posizioni, vedo e saluto molti amici che partecipano con me, poi a circa 30 km dall’inizio, vengo passato da un gruppetto, saranno stati fra gli 8 e 12 atleti, che se ne vanno tranquilli attaccati manco fossero in una gran fondo. Tutti in scia, da li “scie chimiche”. Scie chimiche perché questi signori, che furbescamente se ne stavano alla grande in scia, contravvenendo al regolamento IRONMAN che lo vieta, hanno rovinato l’essenza di questo sport. Non parlo dell’inevitabile traffico delle stradine strette o delle salite, parlo dei vialoni e delle tratte di statale a corsie enormi, che venivano affrontate in gruppo. Ecco non si fà, non è spirito IRONMAN questo.
Il primo giro va liscio, sono sereno, pedalo come previsto e mi godo il paesaggio, al secondo giro ho un piccolo problema al 122° km e al 170° km. Dolori alle piante dei piedi che non mi fanno spingere come dovrei e mi costringono a togliere i piedi dalle scarpe e pedalare con i piedi fuori ma sulle scarpe per qualche km. Questo problema mi farà perdere velocità, ma non mi distoglierà dall’obiettivo finale. La frazione di bici passa molto in fretta e sto molto bene, la chiudo in 6h:03 e durante tutto il percorso ho sempre salutato e ringraziato tutti quelli che applaudivano e incitavano. I ristori sono ben presenti così come i penalty box affollati di sciatori chimici beccati dai giudici di gara.
Arrivo finalmente in T2 e sul rettilineo finale vedo i fotografi e decido di concedermi uno scatto giocoso. Ostento sicurezza e freschezza, ma appena messo piede a terra non sento più le gambe. Sono felice e sto molto bene, ripongo la bici e corro a recuperare la sacca, dentro ho una Coca-Cola in lattina, la apro, i ragazzi dello staff sentono e si girano, scherzo con loro, volete un cuba? Ridono Sei un grande, bevo solo un sorso, infilo le scarpe, cappellino, occhiali e recupero i gel che mi serviranno per la maratona. Lascio la Coca ai ragazzi dello staff assieme alla sacca e corro spedito per il mio primo giro di corsa…
La Maratona per la sue essenza anche come gara singola è un’impresa difficile, portarla a termine in un IRONMAN ancora di più.
Con il tempo e le gare ho imparato un solo metodo per portare a casa il risultato: ascoltare il mio corpo. La maratona è lunga, è difficile, va preparata bene. La maratona va goduta. Ho un trucco che mi aiuta a superare il tempo ed i chilometri nelle gare “multi lap”, a Cervia c’erano 4 giri ed il rischio di finire nel tunnel della stanchezza, sconforto, etc. è sempre dietro l’angolo. Io per evitare di finire down con la testa, gioco con il pubblico, cerco di tirarlo dentro incitandolo a farmi tifo, e devo dire che è servito allo scopo. Al primo giro di boa individuo un gruppetto fermi a fare il tifo e gli dico che per guardare dovevano offrire la birra. Al secondo giro passo e sono in silenzio, li incito e gli chiedo e la birra? Al terzo giro prima che arrivassi, sento c’è Mario, Dai Mario ti manca l’ultimo se ce la fai avrai la birra! Ebbene, all’ultimo giro mi corrono dietro con una birra, mi fermo tiro un sorso e riparto, il complessino lì di fianco ingaggiato per tenere ritmo, mi esalta mi urlano Rock and Roll Mario! Sono veramente felice, sto bene, non sto soffrendo, ed il merito è dell’allenamento fatto con Coach Diego De Francesco. Sì io sono forte di testa e ormai l’avete imparato, riesco a portare a casa gli obiettivi quasi sempre. Ma è l’allenamento e la preparazione mentale e fisica a fare la differenza.
Detto questo la maratona non è stata solo gioco e gioia, ho dovuto stringere i denti, ho incontrato gli sguardi di amici che mi hanno sostenuto, Riccardo, Marco, Valentina, Mimma, tutti gli amici collegati da casa con il Traker. Ho anche condiviso tratti di corsa con sconosciuti, ricevendo e regalando forza. E poi avevo li la mia famiglia. La carica più grande che io potessi avere, l’energia più forte che un atleta possa desiderare, altro che doping.
La passerella finale è stata bella ma non più emozionante della partenza.
“…Il Tricolore fra le mani che sventola sulla mia testa, il fragore delle mani degli astanti che battono sui tabelloni, le loro voci che mi incitano, la musica in sottofondo, la voce dello speaker, il traguardo che si avvicina, le gambe indolenzite da 12 ore di gara. Niente…non sentivo nulla, ero totalmente immerso in un’enorme bolla d’aria, sentivo solo il mio respiro, come in quei film dove all’improvviso l’attore immerso nel caos del traffico della città, rimane da solo con il suo universo. Probabilmente è accaduto questo mentre percorrevo gli ultimi metri della passerella prima di tagliare il traguardo del mio primo IRONMAN.” Felice andavo a prendermi la mia prima medaglia da IRONMAN.
Questo viaggio stupendo fatto di sudore, fatica, colori, amici, gioia, me lo dedico e lo auguro a chiunque. Affrontatelo con serenità e godendovela, magari facendovi consigliare da un coach la strada da seguire. Io l’indomani mattina dopo l’IRONMAN ho pedalato e il lunedì seguente ho corso senza troppi strascichi fisici. Aveva ragione il Presidente vedrai che sarà facile. Più facile della mia prima maratona per dirla tutta.
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