Domenico Passuello Triatleta Pro, classe 78, inizia la stagione 2021 nonostante le incertezze del periodo con determinazione e con moltissime novità. L’abbiamo intervistato prima del 70.3 di Dobai che si svolgerà il 12 marzo.
Dopo un 2020 “cancellato” dal punto di vista agonistico, le aspettative sul 2021 erano molte. Purtroppo la situazione attuale non ci sta regalando molte gioie, almeno in questa prima metà dell’anno. Gare internazionali rinviate o spostate, Atleti professionisti che dopo esserti trovati disoccupati nel 2020, cercano di andare avanti, lottando fra le difficoltà di continuare ad allenarsi, nonostante l’incertezza di gareggiare, le incertezze economiche e la difficoltà di trovare una parvenza di serenità e concentrazione. Gli atleti professionisti, nel triathlon, non sono di certo l’unico settore che sta soffrendo, ma ci si dimentica di una categoria che, almeno in Italia, non ha poi così tante tutele e di uno sport che non gode di quella “notorietà-visibilità” tale da potersi garantire a tutto il modo degli operatori che vivono di questo sport, quella serenità anche economica, che spetterebbe ad ogni lavoratore. Si ci sono di Duathlon e il calendario Fitri è stato confermato, ma per coloro che gareggiano sulle lunghe distanze anche in campo internazionale è davvero dura.
D: Ciao Domenico intanto grazie per questa intervista, so che sei a Dubai per il 70.3. Come ci si sente ad affrontare una gara come quella di Dubai dopo un 2020 così.
R: Be’ sicuramente il fatto che non ci siano state o quasi gare l’anno passato e non ce ne sarà nessuna in Europa nei prossimi mesi, rende questa gara importante per tutti me compreso. So anche però che non è una gara troppo adatta alle mie caratteristiche di atleta di endurance ma d’altronde l’importanza di tornare a gareggiare diventa la priorità in questo momento.

Qual è stata la cosa che ti ha fatto soffrire di più come atleta e come uomo l’anno scorso.
È stato uno degli anni più difficili della mia vita, ho perso mio padre a gennaio, poi la pandemia ci ha gettato in un incubo e il settore dello sport è stato uno di più penalizzati. Da anni ormai mi arrangiavo la vita facendo l’atleta e trovarsi senza lavoro in un attimo è stato un handicap che non avevo mai provato, soprattutto non per mia volontà e senza poter fare troppo per migliorare la situazione.

Raccontaci le novità del tuo 2021 e quali sono gli obiettivi che vorresti centrare.
Ho cambiato team e sono molto contento, ci sono persone appassionate che stimano il mio lavoro, mi piacerebbe essere un esempio per gli amatori ma soprattutto per i più giovani che sono il futuro, in Italia non esistono troppi riferimenti e capisco che gli “influencer” di turno possono fare poco per ispirare chi ha davvero dei sogni sportivi e non di visibilità.

Cos’è che ti ha spinto ad indossare i colori di Tritaly. C’è qualcosa nello spirito di questa squadra che rivedi in te.
Ho sempre avuto contatti con il team negli ultimi anni, mi piace l’entusiasmo delle persone e sono entusiasta di costruire qualcosa nel futuro che sia diverso dalle solite cose che vediamo in giro, speriamo di riuscirci la buona volontà c’è.

Gareggiare agonisticamente e godersi la gara, sono due cose che non vanno molto d’accordo. C’è un posto o una gara che ti ha regalato queste sensazioni e perché.
Si è molto difficile l’agonismo porta via spesso il gusto dello sport. Ho fatto una gara in un isola davanti a Singapore anni fa, si chiama Bintan, un paradiso terrestre, mi sono goduto anche il nuoto che detto da me, essendo il nuoto la frazione dove soffro di più, è un gran dire.
Nel 2018 a Cervia dopo il mio primo Ironman, rientrando in hotel ricordo che ero seduto fuori sulle sedie ancora con il body, in estasi, c’era un gruppo di persone e vedendomi visibilmente felice mi chiesero com’era andata. Dopo avermi fatto i complimenti mi dissero che erano dei tuoi parenti ed erano li per te. Quanto conta il calore e gli affetti dei tuoi familiari mentre gareggi.
Potere avere i propri affetti quando si gareggia, conta moltissimo, ma purtroppo succede poche volte perché le gare spesso sono lontane da casa, sono comunque abituato ormai sono 25 anni che sono in giro quasi da solo fra triathlon e ciclismo professionistico.
Pensi di essere fortunato a fare il tuo mestiere. Che suggerimento daresti alle giovani promesse che hanno il sogno di diventare dei pro e gareggiare sulle scene internazionali.
Non li voglio scoraggiare, ma stare ad alto livello per un Italiano è molto difficile, in Italia il triathlon non è praticamente riconosciuto a livello professionistico e non ci sono team organizzati per sostenere un atleta ad alto livello, non per le capacità, ma perché i budget sono minimi. Non c’è un ritorno di immagine adeguata come in altre nazioni e se una atleta fa un passo falso si trova in mezzo alla strada senza soldi. Serve avere un grande rendimento per arrivare sempre a guadagnare i premi gara il che non è semplice. Il mio consiglio è cercare di capire velocemente se c’è del talento, altrimenti passare ad altro, magari al calcio!
Svelaci un tuo rituale pre-gara.
Ceno presto, cosa che non succede mai nella normalità.
Se dovessi dire un solo grazie, nella tua carriera agonistica, c’è una persona in particolare a cui ti rivolgeresti, che ti ha incitato, che ha creduto in te sempre o che ti ha dato la forza anche nei momenti bui.
Due persone, mio papà e mia mamma, hanno sempre o quasi creduto più in loro me che io.
Raccontaci Domenico Passuello fra 10 anni. Dove ti vedi e cosa ti piacerebbe fare.
Questa è una domanda che mi fanno da anni, alla quale io non so rispondere, mi piacerebbe essere in salute e felice, niente di più il resto è superfluo.
Grazie Domenico, goditi la gara noi ti seguiremo e speriamo che si possa tornare ad una normalità, alla quale forse ci siamo disabituati, fatta di cinque con il publico, abbracci all’arrivo e partenze non scaglionate.