In genere nei concerti importanti, c’è sempre una band di apertura, che scalda il pubblico, in attesa dell’artista o del gruppo principale, quello serio, quello che “spacca”. Ecco considerate il mio racconto dell’IRONMAN ITALY 1 e INM ITL 2, solo l’apertura al pezzo forte. Avevamo già scritto della sua gara di solidarietà e lo conoscete benissimo.
Ladies and Gentleman Riccardo!
“Nipotino ricorda, l’IRONMAN inizia dopo la Mezza…”. Alcune frasi rimangono scolpite nella tua mente, anche se lì per lì non vi presti molta attenzione. In fondo prima devo pensare a uscire dall’acqua, poi 180 km di bici sono tanti, e quindi di cosa succederà dopo la Mezza me ne preoccuperei a tempo debito!
In fin dei conti, anche se non è scontato arrivarci, i miei compagni di molte avventure avevano ragione. Il giro di boa è proprio alla Mezza, dopo circa 205 km di gara. Per questo per raccontare la mia Cervia ho deciso di partire proprio dal 20esimo km.
Mi gira la testa. Fin qui non avevo avuto sentore di nulla. Gambe buone, stomaco a posto, fatica sotto controllo. Sono sul rettilineo dell’Hotel, dove il tifo è veramente spettacolare. Mi “confido” con mio fratello dicendogli che ho un problema. “Stai andando bene, non mollare vai vai!”.
Sinceramente la parola mollare non mi passa per la testa, sono concentrato sulla mia corsa e attendo il prossimo ristoro. Mi fermo per bere, far scendere un po’ i battiti, mangiare della frutta. Non avrei voluto fermarmi ma ero pronto all’eventualità. Riprendo e le gambe sono sempre buone, fatico a rientrare in gara con la testa, l’unico pensiero è il ristoro successivo. Per tutto il terzo giro cammino per bere e alimentarmi e poi riprendo a correre. Le pause dalla corsa sono sempre più lunghe.
Prima del giro di boa, nel momento di massima concentrazione avevo urlato a mio fratello di dirmi il parziale di uscita dalla T2: “6 ore e 22. 6 ore e 22!”. Vuol dire dover correre la maratona in circa 3h38 e fino al giro di boa avevo mantenuto un buon passo.
Quasi alla fine del terzo giro sono nuovamente sul rettilineo dell’Hotel, vicino al 30esimo. Mio fratello ha capito che è importante tenermi aggiornato e motivato e mi urla che “Abbiamo 7 minuti di margine secondo la proiezione dell’app!”.
Per un paio di km resto impegnato nel fare i conti. 10km al passo medio più 7 minuti mi proiettano all’ora in cui dovrei arrivare. Cerco nell’ora solare un appiglio sicuro per non dover fare più calcoli fino all’arrivo. Troppo impegnativo.
31esimo km circa, ristoro e pausa. Più lunga del giro precedente. Riparto. Corro bene in fondo, davanti a me c’è Mario che sta costruendo il suo capolavoro. Lo passo poco prima del ristoro successivo e, con la classica goliardia su cui si basa la nostra amicizia, lo invito a prendere qualcosa da bere insieme, “…vieni che offro io zio!”.
33esimo km circa, ristoro e pausa. Più lunga del giro precedente. Avrò perso almeno un minuto del margine di mio fratello in precedenza, ne sto perdendo di più ora. Non sto male, penso ancora di farcela, ma faccio fatica a non cedere alla tentazione di rallentare ai ristori. In fondo non si sta male dopo il ristoro, con le mani piene di roba da bere e mangiare. “Cazzo corri, corri! Sotto le 10 ore zio, devi correre!”.
E’ Mario, in fondo lo aspettavo, lo avevo passato qualche centinaio di metri prima e lo aspettavo. Sapevo sarebbe arrivato. Non mi volto, mai voltarsi dicono, lui continua a incitarmi poco più indietro. Tiro su la testa e urlo “Sto gestendo, vai tranquillo. Sto gestendo e sono in linea per farcela…”.
Riparto, e mi sento diverso. Sembra sia tutto passato. Corro bene, quasi come i primi km. Poco prima del 35esimo incrocio nuovamente Mario, basta uno sguardo e capisco che mi sta dicendo “E’ cosi che devi correre, lo sapevo che ne avevi, ora non fermarti più…”.
Penso ancora ai ristori successivi ma anche che l’obiettivo sia vicino. Possono raggiungerlo o può sfuggirmi per poco. Terzultimo ristoro, prendo da bere al volo. Acqua, Coca e di nuovo acqua e continuo a correre. Ho mal di gambe ma sto correndo nuovamente da qualche km senza interruzioni.
Penultimo ristoro, mancano poco più di cinque km. Prendo giusto dell’acqua, quasi non rallento e decido di tenermi il jolly per l’ultimo. Non sto correndo male, in fondo è il passo che speravo di avere verso la fine della gara.
Mi accorgo di aver superato il momento di difficoltà, quel momento che sai che potrà arrivare ma che a volte ti crei anche da solo. Mi sento forte, sto accelerando. A ogni km il lap del Garmin mi segna 5 o più secondi meno di quello precedente.
Sono sul rettilineo dell’Hotel per l’ultima volta. Non mi aspetto di vedere facce conosciute perché dovrebbero essere all’arrivo ad aspettarmi. Continuo a correre forte, l’ultimo ristoro non la guardo neanche. Sto correndo come il primo km, come prima del giro di boa, quando ero partito ovviamente forte sull’onda dell’adrenalinica uscita dalla T2.
In fondo al rettilineo li vedo e li sento. Mio padre e mio fratello sono li, hanno fatto i calcoli e sanno che da li potranno dirigersi verso il traguardo per tempo. Arrivo di buon passo, giro intorno ai birilli, sento il bip del chip e riparto quasi da fermo come una molla.
Non sento più nulla. Le gambe girano da sole e non fanno più male. Non guardo il Garmin, ormai mi conosco bene e so quanto sto correndo. Per sicurezza un occhio glielo do vicino al 40esimo km, vedo 4’25”. Mi viene da ridere, una risata che ha quasi del diabolico, di quelle che vengono da dentro.
Non sento più nulla. Intorno a me c’è quasi silenzio, sento solo le mie emozioni. Sono un vulcano. Non so il tempo di gara totale e non sto facendo più calcoli. Per come sto correndo so di esserci riuscito e quasi mi commuovo. Per molti è solo una gara, per molti altri il tempo non conta, per me è semplicemente questione di dimostrare a me stesso di essere stato la mia miglior versione.
Manca meno di un km, davanti a me in lontananza c’è un altro atleta. Mi rendo conto che gli arriverò vicino ma anche che per superarlo dovrei accelerare. Non ne ho voglia ma non ho neanche voglia di rallentare troppo. Arrivo poco dietro di lui, le foto migliori me le brucio, ma in ogni caso sono ancora disconnesso. Tutte le esultanze che mi ero pregustato non le accenno nemmeno, esulto dentro di me.
Finish line. Fermo il Garmin. Respiro con le mani sulle ginocchia. Faccio qualche passo. Respiro con le mani sulle ginocchia. Una bambina mi strappa un sorriso e mi mette al collo la medaglia. Sento voci familiari: papà, Fede, Luca e Miriam. Mi appoggio sulla transenna, batto loro il cinque, gli dico che alla fine correvo forte e…mio fratello mi mette davanti agli occhi il suo cellulare con su la mia faccia e un 9h54’ scritto in rosso.
Mi lascio andare con la testa tra le braccia, sulla transenna. Il tutto dura qualche secondo ma è bellissimo, mi metto gli occhiali per nascondere l’emozione, ridò il cinque a tutti e ancora non comprendo che giornata pazzesca stia vivendo.
Che botta di adrenalina leggere il tuo racconto Ricky, hai fatto una roba pazzesca ma sicuramente alla tua portata. Sono sicuro che hai già in mente il prossimo obiettivo. Per me già incontrarti due volte sul tracciato di gara tanta roba. Sei sempre un riferimento. Noi ti aspettiamo con altre sfide e altri tempi stratosferici.