Sono moltissimi gli sportivi professionisti che una volta terminata la carriera agonistica, decidono di cimentarsi con il triathlon. È successo anche ad Andrea Bartoletti, ex pallavolista (schiacciatore) della Nazionale, che ha militato nei campionati delle massime serie, in diverse squadre sia Italiane che estere.
Ho conosciuto Andrea in occasione del triathlon olimpico di Peschiera del Garda del 2016, a proposito mancano pochi giorni e il free slot per Peschiera 2017 è ancora in palio QUI, grazie all’amico comune Davide Meda, eccoci nella foto che ci ritrae prima della partenza.
Qui troverete notizie su carriera agonistica e il palmares di Andrea.
Approfittando della sua disponibilità, gli ho fatto un po’ di domande per capire in che modo sia approdato al triathlon.
Ciao Andrea come stai, come procede la stagione delle gare, come stanno andando?
Ciao Mario, sto bene la stagione sta procedendo bene ho ancora un olimpico da fare a settembre. Poi come per molti riprenderò con le gare podistiche che col fresco si affrontano meglio! Ho partecipato già a 4 Olimpici da aprile, mi sto divertendo molto anche se vorrei migliorare le mie performance, soprattutto nella fase Run, dove forse la mia altezza non mi agevola molto..
Dal Volley al Triathlon com’è nato questo amore?
E’ iniziato tutto un po’ per caso, qualche anno fa mi presentai ad un ritiro di inizio stagione un po’ sovrappeso e beccai un rimprovero dall’allenatore e dallo staff dirigenziale. Allora per non ripetere l’errore l’anno successivo cominciai a correre nel periodo “off-season” e scoprii mano a mano che non correvo solo per rimanere in forma, ma anche perché mi piaceva. Dalla corsa alla triplice il passo è breve così eccomi qua.
Da sport di squadra a sport individuale cosa cambia mentalmente?
Passare da uno sport di squadra ad uno individuale ti fa scoprire molte differenze. La squadra è un punto di riferimento importantissimo, su cui puoi fare affidamento nei momenti difficili, ma può anche penalizzarti se non hai un buon feeling coi compagni.
Lo sport individuale dipende tutto solo e solamente da te, nel bene e nel male. Devo però dire che più pratico il triathlon, più mi rendo conto che sia uno sport molto meno individuale di quello che pensavo. A volte ho bisogno di un amico per uscire a correre d’inverno quando fa 0 gradi, per scalare una montagna in bici o per tuffarmi in un mare infestato di meduse!
Il team per cui sono tesserato e la ASD Spartans di Bologna, lì ho trovato compagni che mi hanno dato qualche dritta per esordire nella triplice. A Falconara, dove vivo, ho anche un gruppo di amici affiatati con cui mi alleno regolarmente, ci chiamiamo “Olimpikkio”, il nome lo abbiamo scelto perché lo stabilimento balneare che usiamo come zona cambio si chiama Picchio beach, a volte mi fa sorridere vedere le facce dei bagnanti che vedono uscire dall’acqua ragazzi con delle strane mute, che si mettono a correre a piedi nudi sulla passerella con la bici in mano.
Da professionista sportivo immagino ti allenassi tutti i giorni, cos’è cambiato adesso?
Assolutamente nulla! Mi alleno sei giorni su sette anche ora! A parte gli scherzi prima mi allenavo dalle 3 alle 6 ore al giorno ora 1/1,30, qualche volta anche meno nei giorni feriali e 3 o 4 ore nel week-end, cercando di non far arrabbiare troppo mia moglie e mio figlio che mi aspettano a casa.
Che difficoltà hai incontrato nel cambiare sport?
È inutile negare il fatto che la natura mi abbia dato un fisico molto più adatto al volley che al triathlon. Anche per il materiale ho qualche difficoltà perché la bici per uno alto 204 cm non è molto facile da regolare. Però tutte le volte che mi scoraggio pensando di essere troppo alto, penso sempre a Jan Frodeno che è il migliore al mondo e non è poi così tanto più basso di me.
Quale sono le sensazioni più belle che avevi quando giocavi a pallavolo?
Nella pallavolo era meraviglioso mettere a segno un colpo decisivo in un momento importante del match: sentivi il palazzetto che esplodeva tutto per te i compagni ti abbracciavano fin quasi a soffocarti e lo speaker urlava il tuo nome. Ogni tanto ci ripenso e mi vengono i brividi.
C’è qualcosa di simile anche nel Triathlon?
Penso che l’arrivo di una gara dia una sensazione molto simile. È il momento conclusivo dove tutte le tue fatiche terminano e sono ripagate dall’applauso delle persone che ti aspettano. Io cerco sempre di godere di quel momento il più possibile, perché hai dentro un senso di appagamento difficile da spiegare per chi non lo ha mai assaporato.
Nel volley ogni schiacciata andata a segno è una scarica adrenalinica incredibile e nel Triathlon dove trovi questa adrenalina?
Io trovo molto adrenalinico sia la fase di preparazione in zona cambio che le transizioni. Prima di ogni gara sto in zona cambio un sacco di tempo, non tanto per scrupolo ma perché mi piace da morire stare nella mia postazione a preparare ogni dettaglio, le scarpe, il casco, gli occhiali, la muta ecc. Tutto deve essere curato nel minimo dettaglio. Poi le transizioni: le trovo entusiasmanti perché devi usare il cervello per ricordarti tutto quello che devi fare nel minor tempo possibile, ma il tuo cervello è stanco e non ne vuole sapere di attivarsi perché hai nuotato o pedalato per un sacco di tempo!